STORIA DELLA DISTRIBUZIONE DELLA CORRENTE ELETTRICA

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Oggigiorno, è assolutamente normale entrare in casa, accendere la luce, la TV, caricare il nostro telefono e sfruttare il lavoro di diversi elettrodomestici, grazie a una distribuzione dell’energia elettrica ormai capillare. Anzi, pensando a come vivevano i nostri antenati sino a non molto tempo fa, ci risulta impossibile immaginare una vita senza la corrente elettrica. Sicuramente, la diffusione mondiale dell’energia elettrica ha permesso un gigantesco balzo in avanti della società umana, permettendo un aumento mai visto della popolazione mondiale, che ha raggiunto ormai da anni il suo record storico. Ma come si è arrivati a questo sistema così efficiente di trasporto dell’energia elettrica?

Non è stato facile e neppure economico: la vicenda è ricca di scoperte, fallimenti, intuizioni e ha comportato anche una dura battaglia, sia legale che scientifica, tra due giganti della scienza del secolo scorso. 

Vuoi conoscere l’affascinante epopea della distribuzione mondiale della corrente elettrica? Continua a leggere!

Alessandro Volta e la differenza di potenziale

Nel 1800, lo scienziato italiano Alessandro Volta, da anni studioso degli allora misteriosi fenomeni dell’elettromagnetismo, riuscì a costruire una prima, rudimentale ma efficace, pila elettrica. Studiando con quello che noi ora potremmo chiamare “metodo scientifico” i fenomeni di elettro-conduzione animale, Volta si convinse che gli elettroni, la cui origine atomica era da tempo nota, erano soliti muoversi come se attirati da una carica a loro eguale e contraria. Volta intuì l’esistenza di un preciso rapporto tra la velocità con la quale gli elettroni si muovono e il potenziale di due capi conduttori, e chiamò per primo questo valore “tensione elettrica”.

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In ambito elettrico, la differenza di potenziale, chiamata anche tensione elettrica o “voltaggio”, altro non è che il lavoro necessario per trasportare un elettrone da un punto di partenza A (a maggiore energia) a un punto di arrivo B (a minore energia). Può essere paragonata esattamente a un elastico in tensione, composto in questo caso da un flusso elettronico.

Gli elettroni, particelle sub-atomiche dotate di carica elettrica negativa, per la legge di Coulomb sono naturalmente attratti da zone in cui le cariche elettriche sono di minore intensità, e quindi possono essere viste come “lacune”, a valenza positiva. Mettendo in comunicazione elettrica due zone con energie elettroniche differenti tramite un apposito elemento conduttore, si forma un circuito, e gli elettroni sono naturalmente portati a percorrerlo in un’unica direzione (polarità).

Più la differenza di potenziale energetico tra le due zone è grande e più gli elettroni percorrono il conduttore velocemente: la tensione, quindi, sale.

Nel Sistema Internazionale, la misura della differenza di potenziale elettrico è il volt (simbolo V), in onore del grande scienziato italiano che, per primo, riuscì a “imbrigliare” l’energia elettrica e a sfruttarla per compiere lavoro.

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Faraday e la forza elettromotrice

Nel 1831, il giovane scienziato britannico Michael Faraday, da anni studioso dei fenomeni dell’elettromagnetismo, scoprì che un conduttore che ruota parallelamente all’interno di un campo magnetico genera un flusso elettronico costante, che può essere usato per compiere lavoro.

Era peraltro stata appena scoperta l’induzione elettromagnetica che dimostrava come campi elettrici e campi magnetici fossero due facce della stessa medaglia, ossia della forza elettromagnetica. Benché eccellente inventore e mente straordinariamente dotata, Faraday aveva una conoscenza rudimentale dell’algebra, e non riuscì quindi a tradurre matematicamente, sotto forma di equazione, le sue scoperte. Ci penserà qualche decennio dopo un suo connazionale, James Clerk Maxwell, a mettere nero su bianco quattro equazioni fondamentali, che spiegano con esattezza i fenomeni dell’elettromagnetismo.

Nel 1860, lo scienziato italiano Antonio Pacinotti, seguendo le orme di Volta e venuto a sapere delle scoperte di Faraday, assemblò il primo prototipo funzionante di una macchina che, sfruttando l’energia meccanica, poteva convertirla in un flusso stabile di elettroni grazie all’induzione elettrica: la dinamo.

Quasi immediatamente, Pacinotti si rese conto che la sua dinamo era reversibile: fornendo energia elettrica (da una batteria al piombo-acido) alla manovella che alimentava la macchina, essa si metteva a girare in senso inverso. Pacinotti capì quindi che era possibile sfruttare l’induzione elettromagnetica non solo per produrre energia elettrica, ma anche per compiere lavoro meccanico. Di fatto, era stato costruito il primo motore elettrico della storia, e da lì a breve l’essere umano avrebbe usato intensivamente l’energia elettrica per sostituire gran parte dei lavori tradizionalmente svolti dalla forza animale o muscolare.

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Nikola Tesla e la distribuzione della corrente alternata

Nel 1887, l’eclettico scienziato serbo naturalizzato statunitense Nikola Tesla riuscì a costruire il primo prototipo di motore a induzione funzionante grazie a un particolare tipo di corrente elettrica, in cui gli elettroni cambiano direzione di scorrimento (polarità) secondo alternanze ricorrenti.

Lavorando per l’azienda di Thomas Alva Edison, Tesla si accorse che gli alternatori dell’epoca, ossia i generatori che ruotano producendo energia elettrica, al contrario della dinamo, emettevano spontaneamente un flusso elettrico che cambiava più volte di polarità in un certo intervallo di tempo. Il problema principale dell’epoca, su cui le maggiori aziende elettriche stavano intensamente lavorando, era quello di riuscire a trovare un modo efficiente e conveniente per portare il flusso elettronico dalle centrali elettriche sino alle industrie e alle utenze domestiche.

All’epoca, la corrente elettrica era distribuita così come usciva dalle dinamo e dalle batterie, cioè in modalità continua: il flusso elettronico non cambiava mai di direzione, e i poli positivi e negativi rimanevano invariati nel tempo. Questa modalità di distribuzione della corrente presenta tuttora un problema intrinseco: a grandi distanze produce molto calore nel cavo conduttore, provocando il fenomeno della dissipazione. Per ovviare a ciò, è necessario aumentare l’intensità della corrente, incrementando notevolmente i costi e gli sprechi energetici. La corrente alternata, invece, può essere distribuita su grandi distanze ad altissime tensioni (fino a 380 kV) senza subire significative perdite energetiche.

Dato che questa altissima tensione è mortale per qualsiasi essere vivente (non per la tensione in sé, ma per la grande intensità degli elettroni che con essa viaggiano), è però necessario ridurre il voltaggio prima della sua distribuzione nelle case o nelle fabbriche, per mezzo di un trasformatore.

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Tesla propose al suo capo Edison, fondatore della General Electric, di adottare tale sistema di distribuzione in corrente alternata per risolvere il problema della trasmissione sulla lunga distanza, ma l’inventore americano, padre della lampadina a incandescenza, si rifiutò categoricamente di rivedere la propria convinzione sulla bontà della distribuzione in corrente continua. In realtà, l’ostinazione di Edison aveva origini puramente economiche: il sistema di distribuzione inventato da lui e dalla sua compagnia era il solo usato per le fabbriche dell’epoca, e la General Electric deteneva il monopolio commerciale.

Prima dell’invenzione di Tesla, non esistevano motori a corrente alternata, e le batterie dell’epoca potevano essere ricaricate solo in corrente continua. Cambiare quindi tutto il sistema sarebbe costato troppo a Edison, sia in termini economici che di pura fattibilità tecnica.

George Westinghouse e la “guerra delle correnti”

Messo alla porta da Edison, Tesla trovò un finanziatore nella figura di George Westinghouse, un imprenditore divenuto ricco e popolare per aver inventato il primo sistema frenante sincronizzato, efficace e sicuro per i treni dell’epoca. Westinghouse intuì subito il potenziale economico dell’idea di Tesla e, con i grandi fondi ottenuti dalla sua invenzione meccanica, fondò la Westinghouse Electric, mettendosi subito in competizione con la General Electric di Edison. Partì così quella che i media dell’epoca denominarono “guerra delle correnti”, con due fazioni industriali intente a darsi battaglia, anche tramite forme estreme di marketing. Ad esempio, Edison fece costruire la prima sedia elettrica in corrente alternata, per dimostrare all’opinione pubblica la pericolosità di tale sistema di trasmissione mentre Tesla, dal canto suo, si fece “attraversare” da un flusso di corrente alternata per dimostrare la non pericolosità della sua idea.

Nel 1889, Westinghouse fece costruire in Oregon il primo impianto idroelettrico a corrente alternata al mondo, installando un elettrodotto lungo ben 20 km, con una tensione di distribuzione di 400 volt, ridotti poi per l’uso commerciale a 100 volt. Questo primo impianto si rivelò un grande successo commerciale: le perdite di potenza erano trascurabili e il sistema di distribuzione era stabile. La distribuzione in alta tensione a corrente alternata vinse così la “guerra delle correnti’, decretando il successo commerciale dell’idea di Nikola Tesla.

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L’odierna distribuzione della corrente elettricaLa distribuzione sul modello ideato dalla Westinghouse Electric è, con poche modifiche, ancora quella attuata in tutto il mondo. Sebbene le tensioni di esercizio commerciale e industriale dei singoli paesi cambino, il concetto applicato è lo stesso. La corrente elettrica viene prodotta nelle centrali elettriche che convertono vari tipi di energia (nucleare, termica, idraulica, eolica, solare) in un moto costante di giganteschi alternatori, ossia dei rotori magnetici che girano attorno a un elemento conduttore, capace di generare una forza elettromotrice.

Gli alternatori producono spontaneamente un flusso elettronico alternato nella polarità, che viene opportunamente unito ad altri due flussi di eguale tensione, formando un sistema definito “trifase”. Grazie a tale sistema, l’energia elettrica viene inviata, in altissima tensione e tramite elettrodotti, per chilometri e chilometri fino alla relativa centrale di distribuzione, dove arriva praticamente intatta, con minime dispersioni termiche.

Alle centrali di distribuzione, solitamente presenti alle porte delle città o delle zone industriali, la corrente elettrica viene diminuita di tensione grazie a grandi trasformatori che la portano su misure sicure per l’utilizzo: per gli impianti industriali a 400 volt (in trifase), mentre per gli impianti residenziali a 230 volt, come ad esempio accade in Italia. Negli impianti residenziali, la trifase viene ulteriormente convertita in monofase, a 50Hz di frequenza. La distribuzione della corrente elettrica avviene quindi tramite cavi sotterranei e centraline di smistamento, fino alle utenze finali. In Italia, i connettori (prese elettriche) degli impianti di rete domestica non sono polarizzati: è quindi possibile inserire la presa in ogni verso.

Negli impianti domestici, la tensione è portata con un unico cavo, noto come “fase”, convenzionalmente di colore marrone o nero. Per chiudere il circuito e permettere quindi lo sfruttamento dell’energia elettrica, la fase è collegata a un cavo definito “neutro” (di colore blu o celeste). Prima della distribuzione nell’impianto di casa, la fase viene collegata a un misuratore automatizzato (contatore), in grado di stabilire l’esatto consumo elettrico dell’utenza. Attualmente, i vecchi contatori magnetici sono stati quasi totalmente sostituiti dalle moderne tipologie elettroniche, capaci di telegestione, che non necessitano pertanto più di un controllo periodico umano.

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Molti elettrodomestici, e tutti gli apparecchi elettronici, non possono funzionare con la corrente alternata, che deve quindi essere convertita da un raddrizzatore.

Inoltre, una tensione di 230V è eccessiva per molti dispositivi elettronici, che richiedono tensioni di utilizzo infinitamente più basse. Il problema viene risolto con un apparecchio combinato, un raddrizzatore-trasformatore. Solitamente, questo componente è incluso direttamente nell’apparecchio che necessita di alimentazione oppure è esterno a esso: in tal caso prende il nome di “alimentatore”

AGN ENERGIA: una storia di successo

 

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